Archive for the ‘Storia della grafica’ Category

Tipografia espressiva: Massin

mercoledì, Febbraio 6th, 2013

Fabrizio M. Rossi [text]

Massin: scheda biografica (pdf scaricabile, 33 kb)

Massin: riferimenti nella Rete

Language unleashed
Massin, the Unclassifiable Free Thinker

Robert Massin in Wikipedia
La cantatrice chauve in Wikipedia
Massin in Continuo: a Dictionary (intervista di L. Wolf)
La cantatrice chauve, immagini
La cantatrice chauve, testo francese
La cantante calva, testo italiano

Bibliografia

Massin, di L. Wolf, ed. Phaidon (inglese)
Massin
, con una prefazione di P. Apeloig, Pyramid éditions (francese/inglese)

Il museo bodoniano e “Crisopoli”

giovedì, Aprile 19th, 2012

Pubblicato il 19/04/12 su AiapZine. [text] AiapZine, Italy [images] Fabrizio M. Rossi, Italy

Tutti i musei sono importanti, manco a dirlo, ma alcuni lo sono più di altri, almeno per alcuni, non per tutti. Per noi ad esempio, che ci occupiamo di design della comunicazione visiva, il Museo Bodoniano di Parma ha un significato tutto particolare, custode di quanto abbiamo studiato, di quanto continuiamo ad elaborare progettualmente e di quanto cerchiamo con coscienza ed onestà di insegnare. Contiene quella massima espressione dell’arte tipografica italiana che seppe spingere Maria Antonietta a scrivere a Bodoni da Versailles nel 1770 usando queste parole: «Abbiamo provato molto interesse, il Delfino e io, a guardare il bel libro che ci avete inviato… le stampe sono molto ben fatte. L’Italia, come me lo ripeteva così spesso il buon Metastasio, è sempre il paese dell’arte.»

È per questo e per tanti altri buoni motivi che siamo particolarmente felici di annunciare l’uscita del nuovo numero dello storico “Bollettino del Museo Bodoniano” rinnovato nella struttura, nei contenuti e nel titolo, che sarà presentato venerdì 20 aprile alle ore 17,30, nella Galleria Petitot della Biblioteca Palatina. La presentazione e l’apertura straordinaria del museo con l’offerta di visite guidate domenica 22 aprile si inseriscono nelle manifestazioni della 14a edizione della “Settimana della Cultura” promossa dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali a cui il Museo bodoniano ha aderito anche quest’anno.

Il “Bollettino del Museo Bodoniano” si presenta con il numero 13, che raccoglie le annate dal 2007 al 2010, si rinnova profondamente e assume il titolo di “Crisopoli”, che ricorda una delle città invisibili di Calvino ed è invece il musicale e antico nome di Parma (“città d’oro” in greco), denominazione che Giambattista Bodoni usava spesso nell’indicare il luogo di stampa delle sue edizioni.

I contenuti del periodico sono ora inseriti in specifiche sezioni: Bodoniana (ove in questo numero sono pubblicate alcune delle relazioni tenute al convegno Bodoni e le avanguardie. Le Corbusier, il Bauhaus e la grafica del Novecento), Ad libros e Palatina, che riflettono i fini istituzionali del Museo e il suo stretto legame con la Biblioteca Palatina; Parmensia, che ospiterà contributi sulla storia e le arti degli antichi Ducati parmensi nel tempo legato alla figura e all’opera di Bodoni, nonché sulla storia del libro in genere; Res et monumenta, che contribuisce ad illustrare il clima storico e politico, culturale ed artistico che precede, accompagna e segue il periodo d’attività di Bodoni, dagli anni Sessanta del XVIII secolo alla metà del XIX.

Informazioni:
Museo Bodoniano
museobodoni[at]beniculturali[dot]it
daniela[dot]moschini[at]beniculturali[dot]it
tel. 0521.220411

Donne di carattere

mercoledì, Marzo 7th, 2012

Pubblicato il 07/03/12 su AiapZine. [text] Fabrizio M. Rossi, Italy / [images] Museo Bodoniano, Italy

Giovedì 8 marzo, alle ore 17.30, sarà inaugurata nella «sala Dante» della Biblioteca Palatina di Parma la mostra «Margherita Dall’Aglio Bodoni. Una donna tra libri e caratteri». La mostra, organizzata dalla Fondazione Museo Bodoniano e dalla Biblioteca Palatina e aperta fino al 10 aprile 2012, si colloca nell’àmbito delle manifestazioni promosse dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali per celebrare la «festa della donna» del 2012.
Margherita Dall’Aglio, moglie dal 1791 di Giambattista Bodoni, fa parte di quella schiera di donne che, com’è documentato già a partire dal XVI secolo, assunsero la guida di stamperie, librerie e case editrici alla morte dei propri mariti.
Dall’Aglio è nota in particolare per la pubblicazione – nel 1818, dopo la morte dell’autore avvenuta nel 1813 – del Manuale Tipografico del Cavaliere Giambattista Bodoni, in due volumi.
La mostra è un’importante occasione per approfondire l’intero ruolo svolto da Margherita nel corso dei ventidue anni trascorsi al fianco di Giambattista Bodoni, ruolo che va al di là dei suoi già ragguardevoli meriti di editrice del Manuale. Impegno, quest’ultimo, che non fu da poco, se è vero quel che dichiara la stessa Dall’Aglio nell’interessante e circostanziato Discorso della Vedova al Lettore contenuto in ventisette pagine anteposte al Manuale: «Ben debbo avvertire che il decidere su questo lavoro, siccome più volte si spiegò il dilettissimo mio Consorte, s’appartiene in singolar modo alle principali Accademie d’Europa. […] Per secondare adunque la sua lodevole brama, radunati e disposti i diversi alfabeti, e tutti gli altri oggetti che formar dovevano l’opera intera, ne feci eseguire il getto e quindi la stampa. Conosceva ben io la gravezza del carico che mi addossava; ma tutte ho raccolte le mie forze; l’amore per lui e per la sua gloria le ha sostenute; e mi sono accinta coraggiosa all’impresa, onde l’Italia e l’Europa non vengano defraudate di un monumento sì distinto della Tipografia».

Nei giorni di sabato 10 marzo la mostra sarà visitabile dalle ore 14 alle ore 18 e domenica 11 marzo dalle ore 9 alle ore 18 grazie all’apertura straordinaria della Biblioteca Palatina. Negli stessi giorni viene offerta la visita guidata al Museo Bodoniano ai seguenti orari: sabato 10 marzo alle ore 16,00; domenica 11 marzo alle ore 10,00 e alle ore 16,00 (ritrovo dei partecipanti all’ingresso della Biblioteca Palatina). Le visite devono essere prenotate, entro venerdì 9, ai seguenti indirizzi di posta elettronica:
museobodoni[at]beniculturali[dot]it
daniela[dot]moschini[at]beniculturali[dot]it

giovanna[dot]barca[at]beniculturali[dot]it

Parma, Biblioteca Palatina
Palazzo della Pilotta
Orario di visita : lunedì – sabato dalle ore 9.00 alle 13.00
Ingresso gratuito
Informazioni:
museobodoni[at]beniculturali[dot]it
daniela[dot]moschini[at]beniculturali[dot]it

Per approfondimenti:
Typotour

Istituzioni che insegnano

lunedì, Ottobre 24th, 2011

Pubblicato il 24/10/11 su AiapZine. [text] Fabrizio M. Rossi, Italy / [images] courtesy of www.google.it, Italy

Le idee contemporanee di ‘museo’ e ‘biblioteca’ devono necessariamente tener conto di una realtà mobile e multiforme, in rapido e spesso vertiginoso divenire. Non più soltanto luoghi di conservazione, ecco dunque che queste istituzioni, così legate al passato, affrontano il presente diventando luoghi di formazione e di confronto, ponti ideali per comprendere l’origine del presente e i possibili sviluppi del futuro.

Il sistema scolastico italiano, purtroppo, non prevede un’adeguata ‘alfabetizzazione’ tipografica, calligrafica o epigrafica né sufficienti nozioni di storia del libro e dell’editoria, rinunciando così a trasmettere una porzione importante del nostro patrimonio culturale: in buona sostanza, la storia dei modi del leggere e dello scrivere e, possibilmente, la loro pratica; questa grave carenza formativa risulta drammaticamente evidente a chiunque si trovi a insegnare tipografia o grafica editoriale a giovani diplomati. È opportuno, dunque, mettere in risalto ogni iniziativa che cerchi di sopperire alle distrazioni, se non alle scelte omissive, dei programmi ministeriali.

In questa prospettiva segnaliamo il ciclo di seminari “Il libro ha un futuro?”, organizzati dalla Biblioteca Palatina e il Museo Bodoniano di Parma, che si svolgeranno nel salone Maria Luigia della Biblioteca Palatina e saranno a ingresso libero. Il primo incontro avrà luogo martedì 25 ottobre (ore 9 – 10,30): Orazio Tarroni illustrerà La rivoluzione della pubblicazione dei libri: dalla tipografia manuale alla tipografia a computer. Tecniche in evoluzione. Il secondo incontro avverrà mercoledì 16 novembre (ore 11.30 – 13.00): Luca Formenton affronterà il tema de Le scelte delle case editrici. L’ultimo appuntamento è per martedì 29 novembre (ore 9.00-10.30): Annamaria Tammaro parlerà delle previsioni su Il futuro del libro.

Le due istituzioni partecipano inoltre, per la prima volta, al progetto di didattica museale “A scuola nei musei: dalla preistoria all’età moderna”, rivolto alle scuole di Parma e Provincia, di ogni ordine e grado a partire dalle classi 3° elementari.
Il progetto, totalmente gratuito, è nato nel 2010 per favorire nelle giovani generazioni la sensibilità e il rispetto nei confronti dei beni culturali, oltre a stimolare la frequentazione dei luoghi museali e di arte. L’iniziativa è realizzata in collaborazione tra Galleria nazionale di Parma, Museo archeologico nazionale di Parma, Biblioteca Palatina, Museo Bodoniano e la Fondazione Cariparma a seguito di una convenzione con la Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici dell’Emilia Romagna.
Il Museo Bodoniano e la Biblioteca Palatina saranno coinvolte nel progetto con alcuni percorsi offerti agli studenti:
Percorsi al Museo Bodoniano
1. Il mestiere del tipografo a Parma; 2. Lettere di piombo; 3. Sulle tracce di Bodoni; 4. La marca tipografica; 5. Che carattere! (per tutte le scuole).
Percorsi alla Biblioteca Palatina
1. La biblioteca (per scuole medie e superiori); 2. La scrittura ed il libro manoscritto (per 5a elementare, medie e superiori).
L’attività didattica si svolgerà durante tutto l’anno scolastico 2011-2012.
L’associazione culturale “Artificio comunicazione & arte” di Parma si occupa dello svolgimento dell’attività didattico-educativa unitamente alla segreteria organizzativa, le prenotazioni e la comunicazione con le scuole, avvalendosi di personale in possesso di competenze ed esperienze specifiche di didattica museale nei settori dell’archeologia, della storia dell’arte e dell’architettura.

Per informazioni
Associazione Amici della biblioteca Palatina e del museo Bodoniano
Strada alla Pilotta 3 – I-43121 Parma
T +39 0521 220411 F +39 0521 235662
Ufficio rapporti istituzionali e comunicazione
Daniela Moschini (responsabile)
T +39 0521 220 433
daniela[dot]moschini[at]beniculturali[dot]it
Caterina Silva
T +39 0521 220 449
museobodoni[at]beniculturali[dot]it

Ritratto di Adriano Olivetti

venerdì, Ottobre 14th, 2011

Pubblicato il 13/10/11 su AiapZine. [text] Fabrizio M. Rossi [images] Google Italy

«In me non c’è futuro»: questo è il titolo del film di Michele Fasano centrato sulla figura e l’opera di Adriano Olivetti. Da una grande quantità di documenti originali e materiali di repertorio, tratti da una ventina di archivi internazionali, il regista mette in scena la storia di una delle figure più rilevanti del panorama italiano e internazionale, scomparsa prematuramente nel 1960.

È la storia non soltanto di un’impresa di successo e della sua cifra caratteristica, lo ‘stile Olivetti’, ma anche di un modello pionieristico e democratico di organizzazione del lavoro e dell’impegno politico di Adriano Olivetti.

In programma venerdì 14 ottobre, ore 17, al Cinema Politeama (via Piave, 3) di Ivrea. In collaborazione con “Slow Cinema” e Libreria Cossavella, con il patrocinio del Comune di Ivrea, Fondazione Guelpa e Fondazione Adriano Olivetti.
A seguire, incontro con il regista Michele Fasano e Laura Olivetti, Presidente della Fondazione.

I volti di Bodoni

martedì, Settembre 20th, 2011

Pubblicato il 20/9/11 su AiapZine. [text] Fabrizio M. Rossi, Italy [images] courtesy of www.google.it, Italy.

L’iconografia della persona di Bodoni è tra le più ricche e interessanti fra quelle dedicate ai protagonisti della storia della tipografia. Il “re dei tipografi, tipografo dei re” fu oggetto di una ritrattistica copiosa, sia quanto a modelli eseguiti durante la sua vita sia quanto a copie degli stessi. Fu un culto dell’immagine fisiognomica che durò più di un secolo, attraversando epoche e gusti diversi, dal neoclassico al tardo romantico, configurandosi come un fenomeno storico ed estetico degno di nota. I ritratti di Bodoni vennero eseguiti con le tecniche più diverse, dalla pittura alla scultura fino all’incisione che, tradizionalmente, permetteva un’ampia diffusione dei modelli.

Se dovessi indicare un tratto comune ravvisabile nei migliori esempi dell’iconografia bodoniana direi che possa essere lo sguardo che essi attribuiscono a Bodoni.

È proprio “Lo sguardo della perfezione” il titolo della mostra che s’inaugura il 24 settembre alla Biblioteca Palatina di Parma, per chiudere il 24 novembre. La mostra, organizzata dal Museo Bodoni e dalla stessa Palatina, riunirà modelli e copie del XVIII e XIX secolo e promette di essere non solo una rivisitazione della rassegna iconografica realizzata nel 1913 (anno del primo centenario della morte di Bodoni) dalla rivista torinese “Archivio tipografico”, ma anche un suo aggiornamento, grazie alla recente scoperta di materiali inediti conservati in collezioni private. Vuol essere, insomma, un passo importante in vista delle celebrazioni del bicentenario della morte di Bodoni.

Per informazioni:

Museo Bodoni
Biblioteca Palatina

Aiap: il mestiere di grafico in Italia

lunedì, Giugno 7th, 2010

Conferenza tenuta da Fabrizio M. Rossi ai Rencontres Internationales de Lure, 25-30 agosto 2008, sul tema “Vendu. Le contrat graphique” (Venduto. Il contratto grafico).


Rencontres Internationales de Lure, 25 – 30 agosto 2008
Al di là delle Alpi. Aiap: il ‘mestiere di grafico’ in Italia.
Conferenza di Fabrizio M. Rossi, consigliere nazionale AIAP

[1] /// “Straniero, non è mio costume trattar male gli ospiti… Tutti da parte di Zeus vengono gli ospiti e i poveri”.
Molto tempo fa, in giro per il Mediterraneo, si raccontava la storia di un uomo che, alzata la vela alla navicella del suo ingegno, molto aveva viaggiato per nostalgia.
Tornato finalmente in patria dopo vent’anni (non esistendo evidentemente all’epoca i navigatori satellitari) si sentiva rivolgere queste parole da un servitore che, pur non avendolo riconosciuto, lo accoglieva come un ospite sacro agli dèi.
Va da sé che io non mi paragoni in nulla a quell’uomo (salvo per il fatto che neanch’io usi il navigatore satellitare); ho voluto piuttosto rendere omaggio a questa visione arcaica che tematizza il viaggio, lo straniero, l’ospitalità, l’incontro.
Immagino cosí il mio intervento qui a Lure come un piccolo racconto offerto da un viaggiatore straniero ai propri ospiti, confidando nella loro benevolenza; poiché certamente non vorrete fare un torto agli dèi…
A dispetto delle formidabili spinte all’omologazione planetaria, mi ostino a credere nel potere del viaggio e dei linguaggi differenti, nella singolarità dei luoghi, nella necessaria arte dell’incontro fra le diversità.

[2] Credo ancora che, alla base dell’idea di valore – argomento centrale dei Rencontres di quest’anno – vi sia esattamente la differenza: senza di essa non vi è alcun valore. L’occasione – o, meglio, il pre-testo – per parlarvi del valore del ‘mestiere di grafico’ in Italia è raccontarvi dell’Aiap.

[3] /// Eccolo, il marchio dell’Aiap, a cui siamo particolarmente affezionati: una “A” in forma di matita che interpreto come un omaggio alla manualità del progetto.

[4] C’è chi vuol vedervi anche un certo richiamo ad uno spirito un po’ anarchico e molto pacifista che, a dire il vero, non ci è del tutto estraneo…
Raccontare dell’Aiap vuol dire, come vedremo, percorrere una buona parte della storia della grafica italiana del secondo dopoguerra, parallelamente alla storia della società, dell’economia, della cultura.

[5] /// Un’ultima annotazione preliminare: sin dal titolo del mio intervento ho usato l’espressione ‘mestiere di grafico’.
Ciò si spiega da un lato con la mia personale avversione nei confronti del termine abusato e pretenzioso di ‘professione’ in tutte le sue declinazioni e al mio preferire ad esso l’idea di ‘mestiere’, che evoca qualcosa del ‘mistero’ dell’artigianato e della cultura del gesto.

[6] Dall’altro, il mio vuol essere un omaggio ad un celebre libro, pubblicato postumo nel 1978, che raccoglie alcuni scritti importanti di Albe Steiner, una delle figure eminenti della grafica italiana del secondo dopoguerra e uno tra i fondatori della nostra associazione.

[7] /// L’Aiap, dunque, viene fondata nel 1945 ed è interessante seguire con attenzione le varie denominazioni che essa assumerà via via.
Esse riflettono infatti la percezione che i grafici hanno avuto di loro stessi e del proprio mestiere nel corso del tempo, o almeno la percezione dominante che si è affermata.


/// Ma andiamo per gradi: all’atto della sua fondazione, cioè a dire al termine della Seconda guerra mondiale e della guerra di Liberazione del Paese, l’associazione riunisce in sé i cosiddetti ‘tecnici’ e gli ‘artisti’ pubblicitari.
Dieci anni dopo, nel 1955, diverrà ‘Associazione Italiana Artisti Pubblicitari’, assumendo l’acronimo di Aiap che rimarrà invariato sino ad oggi.
Sebbene si osservi una distinzione tra ‘artisti’ e ‘tecnici’, è evidente che il termine ‘pubblicità’ sia dominante in quegli anni.
Ed è questo un termine che, sin da ora, suggerisco di sostituire con quello di ‘comunicazione persuasiva’, a mio avviso piú ricco di nitidezza e di motivi di riflessione.
Ad esempio, è tristemente noto che oggi la comunicazione politica in Italia sia stata fatta rientrare, nel suo complesso, nella comunicazione persuasiva, assumendone i linguaggi e i meccanismi.
È chiaro dunque che, in quegli anni, il dibattito nascente in Italia intorno al nostro mestiere non avesse ancora tematizzato in modo radicale la distinzione tra progetto grafico e comunicazione persuasiva, men che meno l’àmbito piú generale della comunicazione visiva a cui si approderà molti anni dopo.
Convivevano inoltre all’interno dell’Aiap figure ed approcci al mestiere di grafico sia di provenienza piú artistica sia di orientamento piú progettuale.
Pur nella parziale indeterminazione di quella che chiamerei ‘l’età dei pionieri’, l’Aiap era allora animata dalla presenza di grandi personalità appartenenti dunque ad àmbiti diversi: dai cartellonisti ai progettisti grafici piú propriamente intesi, fino a figure specializzate come i progettisti di caratteri tipografici.

[8] Incontriamo cosí, solo per citarne alcuni tra i piú celebri, Dradi, Boggeri, Testa, Grignani, Fronzoni, Novarese, lo stesso Steiner.
Siamo negli anni della ricostruzione post-bellica, a cui seguirà il cosiddetto ‘miracolo economico italiano’ che trasformerà profondamente il volto della nazione, da rurale a industriale, da autarchica a ‘consumista’.
Per tutti gli anni Cinquanta e Sessanta, fino a buona parte dei Settanta, il polo economico dominante è situato al Nord del Paese. Città come Torino, Ivrea, Bologna, Milano, sono infatti al centro dell’attività produttiva.
In particolare proprio Milano, da sempre sede dell’Aiap, assumerà il ruolo di guida nell’orientare la riflessione teorica sul fare grafica.
Di conseguenza sarà la cultura funzionalista milanese ad influenzare in modo dominante il mestiere di grafico in Italia, almeno fino agli ‘anni di piombo’.


/// È proprio nel 1980 che l’Aiap percepisce la necessità di un primo, grande cambiamento. Molte sono infatti le trasformazioni sopraggiunte sia nel campo della comunicazione persuasiva sia in quello del progetto grafico.
Si ipotizza dunque l’esistenza di un àmbito generale in cui opera ormai il progettista grafico, àmbito che verrà definito come quello della ‘comunicazione visiva’.
Ecco che a tale riflessione consegue il cambiamento di denominazione dell’associazione che, pur mantenendo la sigla Aiap, diviene ‘Associazione Italiana Creativi della Comunicazione Visiva’.
Anche quel termine, ‘creativi’ (termine a mio avviso fuorviante rispetto alla cultura del progetto grafico), da un punto di vista fenomenologico risulta conseguente al clima postmodernista di cui saranno portatori gli anni Ottanta.


/// Un altro elemento importante, che si svilupperà a partire da quel decennio, sarà la diffusione su tutto il territorio nazionale degli associati all’Aiap.
Tale diffusione sarà dovuta essenzialmente alle mutate condizioni economiche dell’Italia, con la creazione di poli industriali al di fuori della tradizionale area settentrionale e con lo sviluppo generalizzato sul territorio del cosiddetto settore terziario o dei servizi.
La presenza nell’Aiap di progettisti operanti non piú soltanto nelle aree urbane del Nord ma nell’Italia ‘delle mille città’ porterà da allora un contributo fondamentale e multiforme alla vita dell’Associazione, svincolandola dalla cultura funzionalista milanese.

[9] /// Nel 1989, nel corso dell’assemblea nazionale di Aosta, viene redatta la Carta del progetto grafico, inaugurando simbolicamente l’epoca del dibattito piú acceso.
Autore della Carta è un comitato di cui fanno parte alcune delle realtà piú rappresentative del mondo della grafica in Italia.
Oltre all’Aiap vi sono, infatti, l’Adi (Associazione Design Industriale), il mondo dell’Università (rappresentato dalla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano), le riviste “Grafica” (promossa dall’Aiap) e “Linea grafica”.
La Carta poneva la grafica al centro della cultura del progetto cosí come, a loro volta, lo erano stati l’architettura negli anni Trenta e il design industriale negli anni Sessanta.
Tale nuova centralità del progetto grafico era dovuta all’identificazione tra quest’ultimo e la comunicazione visiva, secondo l’assunto ‘dove c’è comunicazione visiva c’è grafica’.
Si constatava cosí la parte cruciale rivestita dai sistemi della comunicazione e dell’informazione.
La Carta prendeva dunque atto del nuovo ruolo del nostro mestiere rispetto a mutate condizioni sociali, culturali ed economiche.
Al tempo stesso tracciava una linea di consapevolezza del fare grafica contemporanea al proprio tempo.
Ne delineava la duplice possibilità dell’alta specializzazione da un lato e, dall’altro, del ‘governo dei procedimenti’ e dunque del ruolo di regista a cui veniva chiamato il progettista grafico.
Denunciava inoltre la formidabile carenza, rispetto alla comunicazione visiva, degli istituti di studio pubblici in Italia, in particolare nell’àmbito universitario, impegnandosi cosí nella proposizione dei percorsi formativi piú idonei.
Sottolineando il fenomeno dell’‘inquinamento visivo’, della pletoricità della comunicazione visiva e della complementare indifferenza verso la ‘cultura dell’immagine’, la Carta metteva in risalto la nuova responsabilità del progettista grafico e la necessità di qualità nel progetto.
Si impegnava infine a promuovere il riconoscimento della nostra identità lavorativa nella società in generale, in assonanza con quanto stava avvenendo in altri Paesi e con gli intenti di organizzazioni internazionali a cui aderiva, come il Beda, o alla cui fondazione aveva partecipato, come l’ICoGraDA.
La Carta è stata sottoscritta da molti, sia progettisti sia studiosi della cultura del progetto, ed ha suscitato un vivo dibattito, all’estero come in Italia.

[10] /// Le istanze etiche della Carta hanno dato luogo, nel 1993, alla stesura e all’adozione da parte dell’Aiap del Codice di etica deontologica.
Il Codice definisce comportamenti consapevoli e responsabili del progettista grafico nei confronti della società e dell’ambiente, ai quali il socio dell’Aiap è chiamato ad attenersi.


/// Nel 1994, infine, il dibattito lanciato dalla Carta del progetto grafico sfocia nell’adozione di un nuovo statuto che ridisegna la struttura dell’Aiap e porta alla formulazione dell’attuale denominazione di ‘Associazione Italiana Progettazione per la Comunicazione Visiva’.

[11] /// Proprio a partire da questi anni l’Aiap conosce un periodo di grande sviluppo su molti fronti che tuttora prosegue.
Già nel 1992 si era inaugurata a Milano, nella sede dell’Associazione, la Galleria Aiap, con una mostra dedicata ai manifesti di AG Fronzoni.

[12] Da allora fino ad oggi la Galleria ha ospitato trentacinque mostre, di cui vorrei ricordare qui soltanto alcune.
Nel 1995 si allestisce la mostra antologica dedicata a Franco Grignani, un altro nome storico della grafica italiana nonché esponente di spicco della Op Art.

[13] Nello stesso anno, in collaborazione col Mois du graphisme di Échirolles, viene prodotta la mostra sui manifesti di San Pietroburgo, ovvero la grafica russa nel vortice del cambiamento tra il 1985 ed il 1995.

[14] Due anni dopo sarà la volta della mostra Ho pagato la quota, un cinquantennio di grafica italiana attraverso le carte intestate dei soci dell’Aiap.

[15] Nel 1999 ecco la rassegna sull’esperienza di Germano Facetti come direttore artistico alla Penguin Books di Londra.

[16] Sempre dello stesso anno è la mostra dei lavori di settanta progettisti sui temi del segno, dell’alfabeto, della scrittura e del linguaggio.

[17] Le reliquie di sottospirito, del 2006, è una singolare mostra che raccoglie oggetti in qualche modo cari a progettisti grafici famosi o sconosciuti di tutto il mondo.
Queste sono alcune delle mostre allestite nella Galleria Aiap di Milano in sedici anni di attività.


/// Ma in questo stesso arco di tempo, al di fuori della propria Galleria, l’Aiap ha organizzato, o realizzato in collaborazione, piú di centocinquanta mostre in tutta Italia.
Fra le collaborazioni piú prestigiose all’estero va senz’altro citata quella pluriennale col Mois du graphisme di Échirolles a cui si è già accennato.


/// Un’altra collaborazione importante, questa volta in Italia, si è avviata quest’anno con lo Scaffale d’Arte del Palazzo delle Esposizioni di Roma.
In questo caso l’Aiap ha fornito la consulenza scientifica per la rassegna Singolare femminile.
Quattro donne – un’esperta di tipografia, due progettiste grafiche e una regista – si sono susseguite nella realizzazione di seminari di tre giorni e di mostre di lavori dei partecipanti e propri.


/// Sempre nella sede dell’associazione si è costituito un Centro di documentazione che vuole essere un punto di riferimento per studenti e studiosi della comunicazione visiva.

[18] Sono stati acquisiti numerosi volumi e documenti sulla cultura del progetto, alcuni dei quali di particolare pregio e rarità, come ad esempio il fondo che raccoglie opere di Ladislav Sutnar.


/// Tra le mostre organizzate dall’Aiap occupano un posto particolare quelle destinate all’esposizione su Internet.
Dall’adesione alle varie edizioni dello World graphic day organizzate dall’ICoGraDA alle mostre estemporanee su temi politici e sociali di immediata attualità, le mostre via Internet si sono rivelate un efficace strumento di partecipazione diffusa.

[19] Voglio ricordare fra tutte Nessuno uniforme, mostra in rete del marzo 2003 contro la guerra in Iraq, che ha visto la partecipazione di circa trecento grafici in due mesi.


/// La partecipazione si è espressa anche in importanti raccolte di firme e petizioni, come quella contro il cosiddetto ‘marchio turistico dell’Italia’, che ha avuto come risultato il ritiro di tale marchio.


/// Proprio nell’àmbito di una strategia di sviluppo della partecipazione diretta della comunità dei grafici si colloca l’apertura del sito “SocialDesignZine”, nell’aprile del 2003.
Sulla scorta dei pochi precedenti dell’epoca, tra cui il rigoroso “SocialDesignNotes” di John Emerson, lo weblog sostenuto dall’Aiap si è sviluppato come un vero e proprio quotidiano di informazione della comunità grafica.
E non è sbagliato parlare di una ‘comunità grafica diffusa’, poiché uno degli aspetti piú interessanti dell’esperienza di “SDZ” è l’essere il suo pubblico ben al di là del novero dei circa ottocento soci dell’Aiap.

[20] L’idea di progettualità sociale (o social design) si delinea dunque attraverso l’esperienza di “SDZ” non soltanto come ‘progettualità responsabile’ ma anche come indispensabile rete informativa.
I circa trentamila lettori mensili di “SDZ” hanno portato recentemente l’Aiap ad affiancare all’edizione italiana un’edizione inglese e a produrre finora due antologie degli articoli e dei commenti pubblicati.

[21] /// Un altro passo importante verso la partecipazione diretta, questa volta del corpo associativo, è stata l’istituzione della cosiddetta “Aiap Community” a partire dal 2002.
In occasione dell’assemblea nazionale i soci vengono invitati a partecipare inviando un progetto significativo; tra tutti i progetti ne vengono selezionati cinquanta.
L’aspetto piú interessante dell’iniziativa è l’enunciazione pubblica del progetto che l’autore dovrà sostenere nel corso di “Aiap Community”, mettendone a nudo i procedimenti e trasformando il segno grafico in oralità (e gestualità, poiché sempre italiani siamo…).
Dopo l’esordio all’assemblea di Riccione del 2002, “Aiap Community” è stata riproposta a Trani nel 2004, a Perugia nel 2006 e ad Aosta nel 2007.


/// Le stesse assemblee nazionali sono diventate sempre piú, nel corso degli anni, un’occasione multiforme.
Ai tradizionali momenti assembleari si sono via via affiancate mostre (come quella dedicata alla grafica iraniana, nel 2004 a Trani), convegni e seminari (come durante la piú recente assemblea ad Aosta).

[22] /// Tra le iniziative piú importanti sostenute dall’Aiap vi è la rivista “Progetto grafico”.
Nata nel 2003 come evoluzione del notiziario associativo, sin dal primo numero la rivista quadrimestrale ha assunto una foliazione e una varietà di argomenti affrontati considerevoli per numero.

[23] Parliamo di numeri lasciando evidentemente il giudizio sulla qualità ai lettori: è senz’altro la rivista di grafica piú voluminosa d’Italia, che nel prossimo numero festeggerà le duemila pagine complessive pubblicate.
Ma quel che piú conta è il fatto che, in cinque anni, la rivista abbia acquisito un numero di lettori che, come nel caso di “SDZ”, va al di là del numero dei soci dell’Aiap.
Credo anche che si sia andati oltre l’intenzione iniziale che la voleva una rivista fatta da grafici e destinata ai grafici.
Mi piace pensare che sia un periodico leggibile anche da chi grafico non è, e forse ciò è merito della volontà della rivista di esser fedele alla cultura del progetto piuttosto che al tecnicismo del lavoro.
“Progetto grafico” non è una rivista ‘di consumo’ legata al momento dell’attualità, sebbene dall’attualità essa possa ricavare temi generali ed aprirli all’approfondimento.

[24] Penso ad esempio ai grandi temi dei concorsi pubblici (e, piú in generale, al rapporto della grafica con la pubblica amministrazione), o ancora al tema della formazione.
È da dire, relativamente a questi due esempi, che l’Aiap e “Progetto grafico” hanno intrapreso un’azione molto decisa e articolata.
Ad esempio sul fronte dei concorsi pubblici, vigilando affinché si adeguino in pieno alle norme fissate da Icograda; o anche su quello della formazione, incontrando i responsabili governativi ed evidenziando loro il vuoto formativo in cui tuttora giace il nostro mestiere.

[25] È dunque – o almeno crediamo che sia – una rivista di approfondimento, con forse un’involontaria tendenza all’enciclopedismo.
Uno dei temi piú cari a “Progetto grafico”, perfettamente in sintonia con una delle istanze centrali dell’Aiap, è la tipografia.

[26] Numerosi sono gli articoli pubblicati sinora su questo argomento, e le prime mille pagine complessive della rivista sono state celebrate con un allegato: l’edizione italiana, realizzata per l’occasione, di un classico della tipografia, Il calice di cristallo di Beatrice Warde.

[27] /// Non è dunque un caso che “Progetto grafico”, insieme all’Aiap, promuova un’altra iniziativa a favore della diffusione della cultura tipografica: i Laboratori di carattere.
La prima edizione dei Laboratori si è svolta a Parma nel 2007, ospitata dal Museo bodoniano e dalla Biblioteca Palatina, in omaggio alla figura di Giambattista Bodoni.

[28] La seconda edizione è del 2008 ed ha avuto luogo a Roma nella Biblioteca Angelica, prima biblioteca al mondo ad esser aperta al pubblico quattro secoli or sono.
La formula dei Laboratori consiste nella scelta di una città italiana che sia luogo eminente della civiltà della scrittura; in una ‘passeggiata tipografica’ per la città sulle tracce ivi esistenti della forma della scrittura; nella visita del luogo che ospiterà i Laboratori, scelto con il medesimo criterio di rappresentatività.
Infine, in tre laboratori tipografici condotti da tre differenti personalità, per offrire tre diversi approcci al progetto dei caratteri tipografici.


/// L’attenzione dell’Aiap nei confronti della cultura tipografica e della forma della scrittura ha origini remote.

[29] Tra il 1985 e il 1992 l’Aiap è editrice della rivista “Grafica” che, fin dai primi numeri, affronta tali temi.

[30] A questa si aggiungerà la rivista “Calligrafia”, edita dall’Aiap dal 1991 al 1995.

[31] Da piú di un decennio l’Aiap sostiene la collana editoriale “Scritture”, nella quale vengono pubblicati testi inediti di autori italiani e traduzioni di fondamentali opere straniere.

[32] Nel 1997 si realizza la mostra omonima che, dopo il debutto a Roma, verrà ospitata da numerose città italiane.

[33] Nel 2002 fa cosí il suo esordio il progetto Italic, inserendosi in un contesto generale che vede in Italia il risveglio degli studi tipografici e della pratica del progetto dei caratteri.
Italic è un’ampia rassegna dedicata ai disegnatori italiani di caratteri che, in massima parte, animano la ‘rinascita tipografica’ a partire dagli anni Ottanta.
La prima edizione di Italic si è concretizzata in una pubblicazione e in una mostra, presentata a Roma in occasione della conferenza dell’ATypI del 2002 e poi itinerante in tutta Italia.
La seconda edizione, in fase di preparazione, è finalizzata alla creazione di un archivio permanente del disegno dei caratteri contemporaneo in Italia, con una schedatura il piú possibile accurata di autori e progetti.
Oltre all’archivio è prevista la realizzazione, anche in questo caso, di una mostra e di un ampio catalogo.


/// Ancora un’altra iniziativa a favore della diffusione della cultura tipografica è TypoTour, nato all’interno di “SocialDesignZine”.
Si tratta di un archivio in rete che documenta la diffusione delle forme della scrittura nel paesaggio italiano, nel loro esito epigrafico, tipografico o letteristico, cólto ovvero spontaneo.
Le immagini e i testi di commento sono raccolti per luoghi e sono collegati a Google Earth, creando una sorta di grand tour virtuale delle forme della scrittura.


/// Rimanendo nell’àmbito di Internet va citato l’impegno dell’Aiap per la creazione e la gestione di un sito di riferimento per i soci e i progettisti grafici in generale.
Il sito presenta un’area ‘istituzionale’, dedicata a informazioni sull’Aiap e sulle sue attività passate, in corso e future, all’elenco dei soci e ad una galleria di loro lavori, alla libreria in rete che permette l’acquisto di libri, a notizie sulla formazione e sulle opportunità di lavoro.
L’altra area è riservata alle notizie, con una ‘prima pagina’, gli approfondimenti e l’archivio. Poi vi sono i collegamenti ai siti delle attività piú importanti promosse e sostenute dall’Aiap: “SDZ”, “Progetto grafico”, Italic e Multiverso.

[34] /// Multiverso è il titolo della serie di conferenze internazionali, mostre e laboratori organizzati dall’Aiap per l’ICoGraDA Design Week che si svolgerà a Torino dal 13 al 19 ottobre prossimi. La scelta della città di Torino rientra nel suo essere ‘capitale mondiale del design’ per il 2008. L’iniziativa comprende una conferenza internazionale di tre giorni, mostre, tavole rotonde e numerosi laboratori per studenti. Tra i relatori si annoverano importanti autorità internazionali nei diversi settori della comunicazione visiva. Accanto ad essi avremo il contributo di autori e studiosi che – muovendosi in campi adiacenti e affini – potranno fornire spunti riguardo alle possibili direzioni di sviluppo del progetto di comunicazione visiva.


/// Ho cercato di delineare in breve un profilo storico e attuale della nostra associazione. Non mi resta dunque che affrontare il tema del denaro, della cultura grafica e del mestiere che, in Italia, ‘non esiste’.
L’impresa non sarebbe da poco se molti argomenti fondamentali non fossero già ‘passati’ nella narrazione storica.

[35] Per farlo userò di nuovo un pre-testo: la pubblicazione dell’Aiap che affronta il problema del valore del nostro mestiere e della regolamentazione formale dei rapporti di lavoro.
Ancora una volta la storia dei termini usati può essere utile per comprendere l’evolversi delle cose e il loro stato attuale.
Uscita per la prima volta nel 1962, la pubblicazione di cui parliamo ha avuto per molte edizioni il nome di ‘tariffario’.
Pur adeguandosi all’aumentare dei prezzi delle prestazioni e al differente precisarsi di quest’ultime, è restata tuttavia a lungo ancorata all’idea, appunto, del ‘tariffario’.
Idea inadeguata in partenza, perché mai è esistito in Italia un albo professionale dei grafici e, dunque, illegittima è stata e sarebbe ora la pretesa di un ‘tariffario’.

[36] Nel 2000 avviene infine il cambiamento nel nome e nella struttura della pubblicazione, che diviene Guida agli onorari.
Da essa cito alcuni passaggi che ritengo importanti:
«[…] il cambiamento del titolo implica una riflessione e una constatazione sulle trasformazioni del mestiere di grafico: una volta artista, poi creativo e progettista, infine anche regista del lavoro e consulente delle imprese».
Negli anni Novanta «[…] la semplificazione delle procedure e degli strumenti del progetto […], introdotta da elaboratori sempre piú potenti e programmi sempre piú ‘abili’, non ha, come si temeva, reso superflua la figura del grafico ma la ha sublimata, dematerializzata, evidenziando la reale qualità del progetto ovvero la capacità di strutturare, gestire e formulare i processi comunicativi».
Si prendeva dunque atto, nell’edizione del 2000, di una nuova complessità della figura del progettista grafico e della impossibilità di esaurire tale complessità in una schematica definizione della prestazione e nella relativa tariffa – oltre alla inadeguatezza giuridica di un ‘tariffario’, come s’è detto.
Per la prima volta si proponeva un ‘sistema dell’Aiap’ per la determinazione degli onorari, prendendo in considerazione elementi come il tempo, le forze messe in campo, gli investimenti, le spese e cosí via.
Si superava in tal modo anche la difficoltà tipica di ogni tariffario, ovvero le forti differenze economiche tra le ‘mille città’ d’Italia.
Soprattutto si affermava il valore del progetto di comunicazione visiva contemporaneo, considerando elementi come lo studio di fattibilità o la pianificazione delle risorse che tradizionalmente risultavano di difficile valutazione o addirittura invisibili alla committenza.

[37] Nelle edizioni successive si è continuato a seguire questa nuova linea, fino ad arrivare all’edizione piú recente, quella del 2007, che risulta essere sempre piú ‘guida’ e sempre meno ‘tariffario’.
Citando dalla sua Introduzione, «[questa Guida] non vuole essere consultata come un listino ma come un quadro di riferimento chiaro e certo per le prestazioni del progettista. Non sono importanti le cifre ma le voci e il metodo con cui si può determinare un corretto compenso.»
Voci e metodo, dunque. Del metodo si è già detto, ed è un fattore di consapevolezza. Ma le voci anch’esse sono un contributo alla consapevolezza del nostro mestiere, delineandone le numerose articolazioni.


/// La Guida agli onorari non è rivolta soltanto ai progettisti ma a tutto il mondo della committenza, pubblica e privata.
C’è infatti da rilevare in Italia un ritardo storico nel riconoscimento sociale della stessa identità del progettista grafico.
Ne sono prova le carenze del sistema formativo, di cui abbiamo parlato, ma ancora, e ad un livello che inficia l’agire quotidiano, l’assenza di un semplice riconoscimento fiscale e previdenziale.
Ma anche se molto resta ancora da conquistare, di strada se n’è fatta e se ne continua a fare, e comincia a diffondersi una nuova consapevolezza.
La politica dell’Aiap non è quella di reclamare la costituzione di un albo professionale dei grafici, di cui non si sente il bisogno in un momento in cui, anzi, si cerca di limitare gli eccessivi privilegi degli ordini professionali già esistenti.
La politica dell’Aiap, come ho cercato di dimostrare in questo intervento, è indirizzata da anni all’affermazione sociale dell’identità del nostro mestiere.
Tale affermazione può avvenire in primo luogo attraverso la diffusione della cultura del progetto che valorizzi la singolarità dei nostri linguaggi e delle nostre storie.
In secondo luogo, attraverso il delinearsi di un sistema formativo adeguato che razionalizzi l’accesso alla pratica del nostro mestiere.
In terzo luogo, attraverso un’azione incisiva di informazione nei confronti di tutta la committenza, sia pubblica sia privata, nelle loro evidenti diversità.
Infine, facendosi portatori di un alto profilo di consapevolezza etica e sociale, non rinunciando mai ad un atteggiamento di critica verso oggetti, committenti e modalità del nostro lavoro.
Credo che oggi il progettista grafico rivesta un ruolo ‘pubblico’ qualunque sia l’oggetto e la destinazione del proprio lavoro.
Ciò a causa della pervasività della comunicazione visiva e del suo potere di generare tipi antropologici e comportamenti sociali, superando in modo inatteso la distinzione tra ‘privato’ e ‘pubblico’ con la privatizzazione della sfera pubblica e l’esibizione pubblica di ciò che è privato.
Dopo un ventennio dalla stesura della Carta del progetto grafico ritengo indispensabile una sua nuova formulazione, poiché quel che allora s’intuiva o era agli esordi ha assunto oggi dimensioni imponenti ed esiti talvolta imprevisti.
Solo per indicare alcuni fenomeni, penso al dominio della prassi tecnologica sulla riflessione teoretica, persino epistemiologica.
Penso al mutare di concetti di cui spesso si dà per scontato il significato.
Due fra tutti: il concetto di “informazione”, evidentemente prossimo a quello di “formazione” sia delle opinioni sia dei fatti; quello attiguo di “comunicazione”, in tutte le sue applicazioni, divenuto negazione di “conoscenza” e surrogato di “presenza”.
Tutto ciò ci riguarda come cittadini e come progettisti, ben al di là delle nostre nazionalità, io credo.

[38] Il confronto e la collaborazione con associazioni straniere di assoluto rilievo come i Rencontres de Lure sono obiettivi primari per noi.
Come affermavo all’inizio, la diversità crea valore, se è aperta all’ospitalità, all’incontro, alla collaborazione.


Grazie.


Testo e foto di Fabrizio M. Rossi.
Lurs, agosto 2008.


Immagini (a cura di Fabrizio M. Rossi)
01. Odissea, libro XIV, 56-58
02. Danza dei Feaci per Ulisse, Compagnia Teatrale Down
03. Il marchio-logotipo dell’AIAP
04. Un manifesto per Nessuno uniforme
05. Albe Steiner: Il mestiere di grafico. Einaudi, 1978
06. Manifesti per la 14a Triennale di Milano, 1968
07. Le diverse sigle e denominazioni dell’AIAP nel tempo
08. La classificazione dei caratteri proposta da Novarese
09. La Carta del progetto grafico
10. Il Codice di etica deontologica
11. AG Fronzoni: trent’anni di manifesti. 1992
12. Grignani: progetti di grafica e comunicazione visiva. 1995
13. Il manifesto di San Pietroburgo. 1995
14. Ho pagato la quota. 1997
15. Germano Facetti e i libri del Pinguino. 1999
16. Segno, alfabeto, scritture, linguaggi. 1999
17. Le reliquie di sottospirito. 2006
18. Articolo dedicato a Sutnar in “Progetto Grafico”
19. Nessuno uniforme. 2003
20. Il primo dei volumi antologici di “SDZ”
21. Aiap Community 0.1. 2002
22. Copertine di “Progetto grafico”
23. “Pg”: i Samizdat
24. “Pg”: la grafica di pubblica utilità
25. “Pg”: Glas, Jacques Derrida
26. Beatrice Warde: Il calice di cristallo
27. La locandina della 1a edizione dei Laboratori di carattere
28. La Biblioteca Angelica di Roma, 2008
29. La rivista “Grafica”
30. La rivista “Calligrafia”
31. La collana “Scritture”
32. La mostra Scritture
33. Il catalogo di Italic 1.0
34. Il logotipo e l’indirizzo internet di Multiverso
35. Edizioni del Tariffario Aiap
36. La Guida agli onorari del 2000 e del 2003
37. La Guida agli onorari del 2007
38. “Pg”: reportage sui Rencontres de Lure 2005

Fabrizio M. Rossi e Claudia Damiani: studio Ikona a Uppercase, Parma

martedì, Aprile 13th, 2010

Giovedì 15 Aprile 2010, dalle ore 15.00 al Museo Bodoniano di Parma, un viaggio dalle origini storiche sino alle odierne font digitali. Un percorso che attraversa la storia del carattere per raggiungere la contemporaneità e le sue problematiche di utilizzo, diffusione, protezione. L’incontro prevede un tour gratuito nel Museo Bodoniano dove sarà possibile scoprire il Manuale tipografico e gli strumenti originali di Giambattista Bodoni.

Programma

15.00
Benvenuto
Nella sala di lettura della biblioteca Palatina
Andrea De Pasquale, Biblioteca Palatina e Museo Bodoniano

15.15

Micro & mega: il piccolo e il grande in tipografia
Il progetto e la produzione dei caratteri da Bodoni alle font digitali:
aspetti storici e opportunità del presente.
Fabrizio M. Rossi, Studio Ikona, Roma

15.30
Affinità di caratteri
Imparare a conoscere meglio le font digitali per poterle scegliere consapevolmente.
Claudia Damiani, Studio Ikona, Roma

15.50
Acquisto e personalizzazione delle Font
I modelli di licenza offerti da libererie professionali, che garantiscono la qualità dell’ambiente di lavoro. Perché la personalizzazione delle Font è un lavoro per professionisti.
Simone Wolf, Typevents Italy, Reggio Emilia

16.10
Come ottimizzare la gestione delle font all’interno di un flusso di lavoro automatizzato
Esempi concreti di come, grazie alle nuove tecnologie, è possibile evitare gli errori di stampa più comuni dovuti alle font, migliorare la produttività automatizzando i processi ripetitivi e personalizzando il lavoro finale (one to one).
Vainer Gilioli e Luca Marongiu, Technosolutions, Reggio Emilia

16.30
La gestione centralizzata delle font raccontata da chi la usa con successo
Il perché della scelta Extensis, live demo del font management UTS (Universal Type Server).
Carlo Anselmi, Interpublic, Milano

16.50 Visita gratuita del famoso Museo Bodoniano
17.30 Rinfresco e l’occasione di scambiare idee con professionisti e relatori
18.15 Chiusura dell’evento e distribuzione dei regali personalizzati per i partecipanti

Per saperne di più
Typevents Italy
www.typevents.com
ciao@typevents.com

L’evento è promosso da TechnoSolutions, Extensis, Objectif Lune, Enfocus e FontFont.

La comunicazione (grafica e non solo) delle istituzioni sulla salute

giovedì, Marzo 4th, 2010

Intervista a Fabrizio M. Rossi*

pubblicata su “Colloquia” 04/09, mensile edito da Il pensiero scientifico, Roma

Quanto è importante, e perché, una comunicazione efficace sulla salute?
La comunicazione delle istituzioni sulla salute rientra a pieno titolo in quella che è stata definita “comunicazione di pubblica utilità”. Ricevere informazioni esatte, complete e percorribili su ogni attività e servizio delle istituzioni o su importanti temi di interesse pubblico è un diritto fondamentale di ogni cittadino, sancito dalla legge; se riusciamo ad intendere lo Stato e le sue istituzioni come espressione partecipata di una comunità d’individui abbiamo il diritto di pretendere una comunicazione che non sia mera notifica né tantomeno propaganda. È evidente che, in un àmbito così delicato come la salute, tutto ciò sia imprescindibile e cruciale.
Per ragioni storiche tanto complesse quanto precise l’Italia non può certo ritenersi all’avanguardia mondiale nella comunicazione istituzionale. Il rapporto tra cittadino italiano e amministrazione pubblica è a dir poco controverso e il più delle volte improntato a reciproca diffidenza: è inevitabile che la comunicazione istituzionale rifletta tutto questo. Sebbene non si sia ancora giunti ad un livello accettabile, è tuttavia innegabile che su questo tema qualche passo avanti, dal secondo dopoguerra ad oggi, sia stato compiuto. Penso a quelle azioni legislative riformatrici che, a partire dalla fine degli anni Sessanta, hanno via via obbligato le istituzioni, prima locali e poi centrali, ad assumere un atteggiamento di dialogo nei confronti del cittadino e, conseguentemente, a comunicare di più e meglio. Non è molto, se paragonato con altre realtà europee, ma è pur qualcosa per un Paese come il nostro abituato, in un passato non troppo remoto e con persistenze non ancora sopìte, all’arroganza e all’inefficienza delle istituzioni, perfettamente riflessa dalla loro comunicazione: esoterica, occasionale o inesistente.
Qualcosa a un certo punto successe, come dicevo, e coincise con l’inizio della comunicazione di pubblica utilità, come proprio allora fu definita. Venendo all’àmbito che professionalmente mi riguarda, furono gli anni in cui i progettisti grafici italiani – in linea con analoghi movimenti europei – diedero inizio ad una riflessione sul proprio ruolo e sulla propria responsabilità in una società ormai profondamente cambiata: si cominciava a ragionare sulla ‘grafica utile’, ossia la grafica ‘altra’ rispetto alla comunicazione persuasiva, la grafica al servizio dei cittadini, attenta alle relazioni tra individuo e istituzioni, tra comunità e territorio, tra gli individui stessi. Furono gli anni in cui i progettisti grafici ebbero modo d’intervenire come protagonisti nella comunicazione dando forma visiva all’informazione istituzionale rivolta ai cittadini.
Volendo assumere alcuni avvenimenti come rappresentativi di questo movimento di pensiero e progettuale in Italia indicherei l’inizio delle esercitazioni di progettazione svolte da Albe Steiner all’Isia (Istituto Superiore per le Industrie Artistiche) di Urbino, alla fine degli anni Sessanta; la “Biennale della grafica di pubblica utilità”, tenutasi a Cattolica nel 1984; la redazione della Carta del progetto grafico da parte dell’Aiap (associazione dei progettisti grafici italiani) e di altre realtà professionali e universitarie, nel 1989, e del Codice di etica deontologica e condotta professionale, elaborato sempre dall’Aiap, nel 1993. L’attività professionale e didattica di Steiner contribuì a diffondere in Italia un modello di progettazione grafica attento alle esigenze sociali; la mostra di Cattolica fu un’importante occasione di confronto dei risultati ottenuti fino a quel momento dalla ‘grafica utile’; i due documenti citati, infine, presero coscienza del nuovo ruolo strategico del progettista grafico nel sistema della comunicazione, dichiarandosi apertamente a sostegno di una maggiore consapevolezza e responsabilità della progettazione grafica nei confronti dell’impatto sociale, culturale e ambientale.

Qualche esempio di comunicazione riuscita o mancata?
Tra gli esempi più interessanti di comunicazione di pubblica utilità italiana in quegli anni citerei il caso della città di Pesaro [figg. 1-6], esemplare per la continuità nel tempo e per l’estensione della progettazione grafica ad un ampio arco di attività istituzionali, dalla salute alla cultura, dallo sport alle scienze naturali. Un caso, questo, che si avvicina all’idea radicata in altre democrazie dell’Europa continentale, in generale attente più alla comunicazione finalizzata alla qualità della vita quotidiana che alle sue forme spettacolari e occasionali.

A contraltare dell’esempio di Pesaro sarebbe impietoso elencare la quantità impressionante di casi italiani di comunicazione di pubblica utilità mancata, malfatta o travisata nel tempo; preferisco istituire un rapido confronto tra uno dei migliori risultati italiani e l’analoga realtà europea di quegli anni. Il caso olandese è emblematico; nel secondo dopoguerra prende avvio in Olanda un’intensa attività di progettazione grafica al servizio delle istituzioni. Gli esempi sono numerosissimi ma fra tutti citerò il sistema di identità visiva del Ministero del benessere, della salute e della cultura [fig. 7] e quello delle Poste [figg. 8-12]; queste ultime si diedero un’identità visiva istituzionale coerente (carattere tipografico, grafica per i francobolli, per i formulari e per la pubblicità, progetto dell’arredo degli uffici, delle cassette postali e degli edifici) a partire dal lontano 1920, quando il loro segretario generale, Jean-François Van Royen, iniziò a lavorare in questa direzione rivolgendosi alle correnti più rappresentative delle arti visive di allora.

Vorrei proseguire con tre campagne di comunicazione inglesi ed una francese sull’Aids risalenti alla fine degli anni Ottanta, dall’impostazione progettuale molto diversa. Le prime due [figg. 13-14] si basano sull’effetto provocato dalla crudezza delle immagini, sebbene la seconda sia accompagnata da un testo esplicativo; la terza [figg. 15-16], invece, rinuncia all’uso di fotografie e fornisce un’informazione più specifica. La campagna di prevenzione sviluppata in Francia [fig. 17] ha un tono della comunicazione molto diverso: vuole evidentemente evitare di suscitare panico, suggerendo invece l’idea di una malattia evitabile se affrontata con responsabilità.

Concludo questo breve panorama con una campagna di educazione sull’igiene orale, sviluppata in seguito ad un’indagine epidemiologica che indicava la carie come un autentico flagello nei bambini di un dipartimento francese. La campagna di comunicazione venne realizzata per adattarsi ai programmi d’insegnamento delle scuole elementari, con particolare attenzione all’età dei bambini e tenendo conto delle loro diversità etniche e culturali [figg. 18-19]; materiali specifici furono approntati per gli insegnanti delle scuole sia come documentazione personale sia per svolgere attività condivise con i piccoli studenti [figg. 20-21]. Un caso, questo, di comunicazione sulla salute che si fa progetto educativo a lungo termine.

Le campagne di comunicazione istituzionali sulla salute (in Italia, dagli antibiotici alla pandemia) servono? Quale il rapporto costo-efficacia?
Non posso pronunciarmi sul rapporto fra costi e benefici delle campagne istituzionali sulla salute in Italia; credo che ogni caso andrebbe esaminato singolarmente e con molta attenzione. Quanto alla recente comunicazione sulla pandemia d’influenza ho l’impressione, come cittadino e come progettista della comunicazione visiva, che si sia trattato di un colossale pasticcio non privo di aspetti oscuri: una brutta storia, insomma. Posso aggiungere che dal periodo di cui ho parlato prima ad oggi molte cose sono cambiate. La comunicazione, visiva e non, si è fatta sempre più pervadente, sia in termini di quantità sia come ‘soglia d’impatto’: un’immagine cruda come quella della prima campagna inglese sull’Aids che ho citato non avrebbe oggi più alcuna efficacia, se mai l’ebbe allora, perché siamo saturi di immagini violente ed è sempre più difficile farsi strada nel rumore di fondo incessante della comunicazione. Insistere su questo tasto significa aderire ad un’idea di comunicazione spettacolare ed occasionale, come dicevo; al di là della violenza, che spesso mette soltanto in mostra il creativo di turno, credo che sia da rifiutare proprio la spettacolarità e l’occasionalità e lavorare sulla qualità della vita quotidiana, di cui sentiamo sempre più il bisogno. In sintesi, credo che l’unica comunicazione socialmente utile sia, al fondo, informazione per gli adulti ed educazione per i più piccoli; c’è altro per divertirsi, per provare brividi, per costruire un immaginario. Soprattutto credo che sia sempre più da ribadire la distanza irrinunciabile fra informazione e propaganda.

Con quali strumenti ed obiettivi le arti grafiche possono mettersi al servizio della comunicazione sulla salute?
Un progettista grafico dà forma visibile alle idee – ai contenuti – usando come strumenti testi e immagini, ma non solo: il nostro mestiere è anche strutturare i contenuti articolandoli, organizzandoli e, infine, dando loro la forma visibile adeguata. Gli strumenti? Non siamo (soltanto) ‘quelli della pubblicità’, anzi: progettiamo libri, riviste, siti web, cd-rom, sistemi di segnaletica… Potremmo definirci metaforicamente come traduttori o come ambasciatori; l’importante è che i traduttori non siano traditori e che gli ambasciatori si rendano conto che possono recar pena. Penso che il nostro mestiere abbia un certo impatto sociale, ammesso che vi siano mestieri che non ne abbiano; senza sopravvalutarci, mi sento di dire che possiamo fare qualche danno e, nel caso della comunicazione sulla salute, gli esiti possono essere immediatamente tangibili. Possiamo però fare anche qualcosa di utile mettendo le nostre capacità al servizio di buoni contenuti. Il tempo della ‘grafica utile’ è tutt’altro che finito e in Italia non sono pochi gli esempi in questo senso; uno fra tutti, il progetto promosso a partire dal 2003 dal Comune di Venezia [fig. 22] che si concentra proprio sulla leggibilità della comunicazione pubblica; c’è da ricordare inoltre l’impegno incessante dell’Aiap a favore della ‘grafica utile’, come nel caso del recente terremoto in Abruzzo [http://www.aiap.it/documenti/11104/145].

Oggi è necessario comprendere che ogni azione di comunicazione (visiva, nel nostro caso) può essere utile o dannosa e che non basta realizzare una ‘pubblicità progresso’ ogni tanto per mettersi la coscienza a posto: meglio dedicarsi a progetti duraturi ed utili, con grande cura. Ne va della salute di tutti.

Fabrizio M. Rossi è progettista grafico, fotografo e studioso della storia della grafica. Ha iniziato la sua attività professionale nel 1985 come consulente della Fondazione A. Olivetti. Nel 1987 ha fondato lo studio grafico Ikona che tuttora dirige. Nel 2002 ha ultimato, su incarico del Consorzio Baicr (Biblioteche e Archivi degli Istituti Culturali di Roma) il progetto multimodale Novecento italiano. Documenti per la storia delle idee e della società. Suoi lavori sono stati selezionati ed esposti in varie rassegne internazionali, fra cui tre Biennali della grafica di Brno. È redattore della rivista “Progetto grafico”; tra le sue pubblicazioni in volume, Caratteri e comunicazione visiva, Giochi di carattere, le voci “Comunicazione visiva”, “Design industriale” e “Manifesto” nell’enciclopedia Le muse. Si occupa dal 1990 di formazione per la comunicazione visiva, insegnando in diverse scuole. Ha partecipato alla formulazione e allo svolgimento del Corso sperimentale di grafica editoriale nelle carceri (1995-1999). Dal 2006 al 2009 è stato consigliere nazionale dell’Aiap (Associazione italiana progettazione per la comunicazione visiva) e ne cura i progetti a favore dell’Abruzzo.

1 Campagna sui consultori familiari (manifesto), Comune di Pesaro. Design: M. Dolcini, 1978.
2 Campagna di prevenzione del diabete (manifesto), Comune di Pesaro. Design: M. Dolcini, 1977.
3 Incontri sulla radioattività (manifesto), Comune di Pesaro. Design: M. Dolcini, 1987.
4 Rossini opera festival (manifesto), Comune di Pesaro. Design: M. Dolcini, 1981.
5 Festa dello sport (manifesto), Comune di Pesaro. Design: M. Dolcini, 1979.
6 Serata di scienze naturali (manifesto), Comune di Pesaro. Design: M. Dolcini, 1983.
7 Campagna sull’introduzione dell’identità visiva del Ministero del benessere, della salute e della cultura olandese (manifesto). Design: W. Nikkels e SDU, s.d.
8 Pagina interna del Nederlandse Postzegels 1981 (annuario dei francobolli olandesi) con bozzetto (di S. Stolk) di francobollo per l’anno internazionale dei disabili, PTT. Design: A. Beeke e DEV, 1984.
9 Doppia pagina interna del Nederlandse Postzegels 1984 con bozzetto (di K. Martens) di francobolli sul Parlamento europeo, PTT. Design: J. Stoopman e DEV, 1986.
10 Applicazione del logo delle PTT su un edificio. Design: P. Mijksenaar e DEV, 1984.
11 Manuale operativo dell’identità delle PTT. Design: P. Mijksenaar e DEV, 1979.
12 Copertina dell’annuario dei francobolli, PTT. Design: J. Stoopman (Studio Dumbar) e DEV, 1986.
13 Campagna sull’Aids, Central Office of Information, Departement of Health and Social Security, UK. Design: TBWA, 1986.
14 Campagna stampa sull’Aids, Central Office of Information, Departement of Health and Social Security, UK. Design: TBWA, 1987.
15 Locandina informativa sull’Aids, Central Office of Information, Departement of Health and Social Security, UK. Design: TBWA, 1987.
16 Locandina informativa sull’Aids, Central Office of Information, Departement of Health and Social Security, UK. Design: TBWA, 1987.
17 Campagna sull’Aids, Ministero della salute e della famiglia, Comitato francese d’educazione sulla salute. Design: Créhalet-Foliot-Poussielgues, 1987.
18 Tavola di calendario per le scuole materne; campagna di educazione sull’igiene orale, Francia, Consiglio generale dip. Seine – Saint-Denis. S.a., 1985-1986.
19 Manifesto-metro da utilizzare in casa; campagna di educazione sull’igiene orale, Francia, Consiglio generale dip. Seine – Saint-Denis. S.a., 1986-1987.
20 Copertina e scheda di un calendario da costruire insieme con l’insegnante della scuola materna; campagna di educazione sull’igiene orale, Francia, Consiglio generale dip. Seine – Saint-Denis. S.a., 1987-1988.
21 Tavola di calendario per le scuole materne, campagna di educazione sull’igiene orale, Francia, Consiglio generale dip. Seine – Saint-Denis. S.a., 1986-1987.
[1-21: immagini tratte da Images d’utilité publique, Éditions du Centre Georges Pompidou. Parigi, 1988]
22 “Questione di leggibilità”, pubblicazione nell’àmbito del “Progetto leggibilità, Comune di Venezia. Design: Studio Tapiro, 2005.

Tra le parole, i caratteri e le cose

domenica, Febbraio 14th, 2010

Se esiste un brano letterario che abbia fornito spunti di riflessione e dibattito ai filosofi contemporanei è quello citato da Maurizio Ferraris in Borges tra le parole e le cose (“Il Sole 24 Ore” del 14/2/2010), tratto da L’idioma analitico di John Wilkins (1951), di Jorge Luís Borges. In esso si parla dell’“Emporio celeste di conoscimenti benevoli”, ovvero della “Enciclopedia Cinese”.

«Nelle sue remote pagine è scritto che gli animali si dividono in (a) appartenenti all’Imperatore, (b) imbalsamati, (c) ammaestrati, (d) lattonzoli, (e) sirene, (f) favolosi, (g) cani randagi, (h) inclusi in questa classificazione, (i) che s’agitano come pazzi, (j) innumerevoli, (k) disegnati con un pennello finissimo di pelo di cammello, (l) eccetera, (m) che hanno rotto il vaso, (n) che da lontano sembrano mosche.»

Come giustamente fa notare Ferraris, lo scrittore argentino addensa in questo brano «almeno tre vertigini»: una logica, una ontologica e una epistemologica. La prima: un catalogo che incorpora se stesso (“inclusi in questa classificazione”). La seconda: il“sublime matematico” kantiano che viene configurato da una tassonomia irraggiungibile (“innumerevoli” ed “eccetera”). La terza: l’accozzaglia di categorie disparate (“gli appartenenti all’Imperatore”, i “lattonzoli”, i “favolosi”…) che richiama alla memoria, secondo Ferraris, la critica di Kant alle categorie di Aristotele, accusate di procedere “rapsodicamente”, cioè a caso. Ferraris prosegue ricordando l’attenzione tributata da Michel Foucault, nel suo saggio Le Parole e le cose, alla “Enciclopedia Cinese” di Borges: il carattere paradossale del ‘catalogo’ di Borges ci interroga efficacemente sui nostri criteri di classificazione.

Le classificazioni dei caratteri tipografici meriterebbero urgentemente una riflessione approfondita; sebbene costituiscano tuttora un valido sostegno didattico e un discreto strumento di lavoro, esse sono sempre piú messe alle corde dalle mutate condizioni di produzione e di fruizione dei caratteri tipografici nell’epoca digitale. Le ‘chimere’ tipografiche (digitali e non) sfuggono alla tassonomia e ci impongono approcci diversi.

Fabrizio M. Rossi